In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se
la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non
entrerete nel regno dei cieli.
Avete
inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere
sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio
fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello:
“Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà
destinato al fuoco della Geènna.
Se
dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello
ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’
prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti
presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché
l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga
gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai
pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Ez
18,21-28 Sal 129 Mt 5,20-26
Nel
vangelo di oggi percepiamo due radicalizzazioni. La prima, la più evidente, è
quella oggettiva, consistente nella messa in luce del senso più profondo dei
comandi: l’amore fatto di attenzione, cura e custodia. Non basta osservare la
corteccia della legge, bisogna giungere al nucleo radioso della trasfigurazione
dell’amore. La seconda radicalizzazione è quella soggettiva: davanti alle esigenze
dell’Amore, appare per contrasto la nostra povertà, la nostra piccolezza, il
nostro bisogno di essere redenti. Con il salmista umilmente preghiamo: «Dal
profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce… Se consideri le
colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così
avremo il tuo timore».