In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
1Sam 3,3-10.19   Sal 39   1Cor 6,13-15.17-20   Gv 1,35-42

Hanno sortito un effetto perenne quelle prime parole che Giovanni ha sentito da Gesù, tanto da menzionarle come prime parole sulla bocca del Signore nel suo vangelo: «Che cosa cercate?». Sono il momento di svolta in ogni cammino di sequela. Possiamo iniziare a seguire Gesù per vari motivi. Anzi, possiamo trovarci già incamminati in un cammino di sequela ereditato pacificamente. Ma la svolta reale, l’ingresso nella dimora di Gesù avviene quando lasciamo che il Maestro si volga verso di noi e rivolga a noi questa domanda: «Che cercate? Cosa vi sta realmente a cuore?». Nel ritorno al cuore, nel redi ad cor tanto caro alla tradizione monastica, troviamo la chiave di autenticità del cammino spirituale. Ha ragione san Giovanni Crisostomo: «Chi trova la porta del proprio cuore, scoprirà che è la porta del regno di Dio». Provare per credere.