È difficile non sentire il fascino delle figure che Paolo invita a incarnare . Se chiudo gli occhi e penso a persone così - non importa che sia l’anziano, la madre di famiglia, il giovane - mi scapperebbe dal cuore l’esclamazione: che bello. È questa l’essenza della chiamata cristiana, vivere la grande bellezza. Il peccato è proprio disattendere a questa bellezza. Lo diciamo nel linguaggio comune ogniqualvolta si manca un bersaglio: “che peccato”.
La fede vera non vive nell’illusione di un regno dei cieli di domani trascurando il Regno già presente in mezzo a noi e vivibile oggi. La fede vive l’esortazione del salmista: «abita la terra e vivi con fede». Vive la terra, ma con il Cielo nel cuore. Ama il Cielo, ma con la terra nel cuore. Questa tensione non la possiamo tralasciare, proprio per amore del Dio incarnato.
Alla luce di quest’esortazione ad essere belli della bellezza del Bene, possiamo capire meglio la parabola del Vangelo. Un padre e una madre capirebbero immediatamente la parabola di Gesù. I figli, specie quelli piccoli (ma non solo), credono di far un favore a mamma, a papà e all'universo, quando mangiano bene, si lavano i denti, studiano, si tengono fuori dai casini, ecc. Crescendo capiscono che facendo il bene, non fanno un favore agli altri, ma primariamente a se stessi. Scoprono che il bene gli fa bene, a maggior ragione vivere secondo il Sommo Bene, gli fa risplendere perché il Sommo Bene – come ha intuito il Poverello, ma non solo lui – è anche Bellezza.

Ah… ultima cosa. Il Padrone della parabola è solo una figura. Il nostro “Padrone” si mette ancora oggi a nostro servizio e gira col catino a lavarci i piedi. 
«Purificami con issopo, e sarò mondo; lavami, e sarò più bianco della neve».