Il 25 luglio 2018 ricorre il cinquantenario della pubblicazione della Humanae vitae, lettera enciclica di Papa Paolo VI sulla procreazione, che fu battezzata come «l'enciclica della pillola», ridotta così superficialmente all'aspetto del divieto dei metodi non naturali nel controllo delle nascite.
A 50 anni dalla sua emanazione, questa enciclica continua a suscitare perplessità, interesse e dibattito. Lo stesso papa Francesco, nell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia del 2016, invitava alla riscoperta del messaggio della Humanae vitae di Paolo VI, in quanto sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità (cf. AL 82).
Il libro di Martin Lintner, Cinquant’anni di Humanae vitae. Fine di un conflitto -riscoperta di un messaggio, cerca di cogliere e di attualizzare il messaggio della HV offrendo una riflessione in tre parti.
Nella prima parte vengono ripercorse le vicende storiche che hanno portato alla stesura del documento magisteriale di Paolo VI. La ricostruzione dell'A. evidenzia la disputa animatissima che imperversò sulla eventuale rielaborazione della dottrina matrimoniale della Casti connubii (1931) di Pio XII. La maggioranza della commissione di studi come anche la commissione di vescovi incaricata di esaminare la relazione finale della commissione di studi pontificia avevano raccomandato al papa di lasciare la questione dei metodi di controllo delle nascite alla coscienza dei coniugi. Il papa, invece, ha adottato il parere del gruppo minoritario.
Durante la presentazione ufficiale dell'enciclica, il 29 luglio 1968, fu il papa stesso a prevedere che la sua decisione in merito alla questione del controllo della natalità non sarebbe stata accolta da tutti, sottolineando inoltre come l'enciclica facesse parte del cosiddetto «magistero autentico», e pertanto, sebbene i fedeli fossero tenuti a riservarle piena lealtà e un'approvazione interiore non soltanto esteriore, essa non rappresentasse «nessuna affermazione infallibile di carattere vincolante».
Facendosi interprete degli intenti dell'enciclica, l'allora arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla scrisse: «Non v’e alcun dubbio che la Chiesa si opponga alla contraccezione proprio per riguardo alla dignità della persona umana, esprimendo la paura giustificata che la contraccezione provochi il pericolo di una riduzione di quell'atto profondo e interpersonale che è il matrimonio ad un piacere puramente sessuale. La contraccezione porta in sé il reale pericolo della falsità, della perdita di verità interiore della convivenza coniugale, che deriva dal fatto che il matrimonio rappresenta una vera unione di uomo e donna in quanto persone che nel loro spazio si donano e si accettano mutuamente. Questo Reciproco donarsi e accettarsi, che costituisce l'unione di due persone, deve necessariamente essere personale e deve dare espressione alle persone e garantire il loro valore, cioè la loro dignità, anche - e soprattutto - nell'atto intimo dell'unione coniugale tra uomo e donna».
Sempre la prima parte del libro di Lintner – oltre al già accennato riassunto delle fasi di redazione del documento e delle accese contrapposizioni che hanno contribuito alla configurazione finale del testo – presenta un sunto dell'enciclica di Paolo VI.

Se la prima parte è dedicata alla genesi della HV, la seconda parte del volume esamina la ricezione dell'enciclica di Paolo VI, cominciando dalle prime reazioni e prese di posizione delle 38 conferenze episcopali mondiali, con particolare attenzione per quella italiana, tedesca, austriaca e belga, fino alla recente Amoris laetitia. Un'attenzione particolare è dedicata alla storia della ricezione delle enciclica da parte di Giovanni Paolo II, quale fermo sostenitore ed interprete delle sue tesi, il quale nondimeno aveva anche lasciato intuire che a suo parere il testo mancasse di un fondamento biblico e antropologico.
La seconda parte del volume illustra inoltre in modo dettagliato l'atteggiamento dei due sinodi dei Vescovi del 2014 e del 2015 nei confronti dell'enciclica di Paolo VI.
Tornando però indietro alle prime reazioni, e nel clima del generale ossequio delle conferenze episcopale, appaiono delle divergenze non indifferenti. Così, ad esempio, Lintner evidenzia come la Conferenza Episcopale Italiana abbia dedicato un documento nel quale sottolinea il dovere del clero cattolico di «presentare senza ambiguità» il magistero pontificio mentre le Conferenze Episcopali Tedesca e Austriaca, pur sottolineando ed elogiando l'alto valore del matrimonio riaffermato da Paolo VI, abbiano sottolineato anche la possibilità di un giudizio di coscienza dei coniugi, divergente dal magistero della Chiesa ricordando che nell'enciclica non è presente un giudizio di fede infallibile.
Oltre naturalmente alla parte dedicata al magistero di Giovanni Paolo II in grande conformità a quello di Paolo VI, è interessante la presentazione della ricezione del documento da parte di Joseph Ratzinger.
Lo stesso papa Benedetto XVI, nel libro intervista con Peter seewald, Ultime conversazioni, ricorda in un'ottica retrospettiva la difficoltà che visse dinanzi al documento papale: «Nella mia situazione, nel contesto del pensiero teologico di allora, Humanae vitae era un testo difficile. Era chiaro che ciò che diceva era valido nella sostanza, ma il modo in cui veniva argomentato per noi allora, anche per me, non era soddisfacente. Io cercavo un approccio antropologico più ampio. E in effetti, papa Giovanni Paolo II ha poi integrato il taglio giusnaturalistico dell'enciclica con una visione personalistica».
La visione di Benedetto XVI evidenzia come il problema etico non deve vertere solo «intorno al pensiero di ciò che è secondo natura, ma condurre piuttosto alla questione su come la coscienza possa entrare in funzione, dato che la questione propriamente etica è quella della responsabilità» (120).
Lintner sottolinea la «nobile riservatezza» sulla questione della regolazione delle nascite di Joseph Ratzinger conservata anche come papa e afferma che il fatto che egli non abbia sollecitato questa norma etica della Humanae vitae con la stessa veemenza urgenza di Giovanni Paolo II può intendersi come causa correzione p. 121
 Questo silenzio, però, non va interpretato come superamento della Humanae vitae, ma come accentuazione del suo volto più bello, quello personalistico.
Benedetto XVI afferma in un messaggio rivolto al congresso internazionale della Humanae vitae del 2008 che «la possibilità di procreare una nuova vita umana è inclusa nel integrale donazione del coniugi. Se, infatti, ogni forma d'amore tende a diffondere la pienezza di cui vive, l'amore coniugale ha un modo proprio di comunicarsi due punti generale dei figli».
La terza parte del volume, invece, avvia una riflessione critica sugli argomenti portati avanti da Paolo VI contro la regolazione artificiale delle nascite. L’A. riassume le tesi avanzate da Paolo VI evidenziando il loro fondamenti e dialoga con varie prospettive teologiche per guardare alla HV con occhi non solo critici ma anche capaci di cogliere gli aspetti che devono ancora proseguire la loro maturazione. Ad esempio, dialogando con Schockenhoff, l'A. si pone la problematica se è legittimo valutare uno sviluppo verso una soluzione per cui «il matrimonio come tale deve essere aperto alla generazione dei figli, non però il singolo atto coniugale» (p. 148).

Questa parte conclusiva del libro piuttosto di proporsi come dogmatica, si potrebbe definire come maieutica, ovvero invitante a una riflessione approfondita e senza pregiudizi sulle sfide poste dall’enciclica di Paolo VI, sia per chi condivide la linea del papa sia per chi ha le sue perplessità.
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