Il volume di Carlo Maria Martini, Timoteo. La via del discepolo, è un vademecum sul discepolato che raggruppa e commenta le istruzioni dell'Apostolo al suo figlio spirituale. Con la sua consueta sensibilità e capacità di restituirci il testo biblico aggiornato per i tempi attuali, il Martini presenta un riquadro utile per discernere la propria statura di discepolo.
Esaminiamo, a mo' d'esempio, il testo della seconda lettera a Timoteo dove Paolo esorta Timoteo con queste parole: «Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo» (1Tm 1,6-8).

Timoteo
Timoteo
Carlo Maria Martini

Perché Timoteo dovrebbe vergognarsi? Da dove nasce la tentazione, da cui Paolo vuole difenderlo, di provare disagio e umiliazione per il Ministero di evangelizzare? Perché noi dovremmo vergognarci?
Il Martini offre le seguenti tre motivazioni:
Timoteo si vergogna perché vive la percezione di essere abbandonato da Dio, di essere stato piantato in asso nelle sue tribolazioni interne ed esterne, e affiora il dubbio terribile, il sospetto inculcato dal tentatore: ti sei fidato di lui adesso ti ha mollato, non è più con te, non è più dalla tua parte.
Un secondo motivo di tentazione consiste nell'avvertire l'estraneità del Vangelo riguardo alle coordinate della vita quotidiana. Il disagio, la vergogna, si esprime allora nel rispetto umano, nella chiusura in se stessi davanti alla baldanza del mondo. Timoteo ha l'impressione che i principi evangelici non abbiano nulla a che fare con le realtà di ogni giorno.
Il terzo motivo di vergogna viene dal esiguità del messaggio evangelico, per la debolezza che ha in confronto alla potenza e all'arroganza del mondo finanziario, allo spiegamento di forze dell'ambiente politico e militare, al potere dei mass media: il Vangelo è altro, è una voce debole che grida nel deserto. Con questo testo di Paolo siamo invitati a riflettere sulla tentazione di vergognarsi della testimonianza da rendere al mistero di Cristo crocifisso e risorto, perché, pur se sottile, è grave, entra nella carne, ci priva della gioia propria del vangelo, fiacca la vocazione il nostro agire si fa incerto.
Il rimedio di Paolo alla vergogna è ricordare la follia dell’amore di Cristo per noi e abbracciare la fedeltà di Dio:
«Ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio Vangelo,
per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,

perché non può rinnegare se stesso» (1Tm 2,8-13).

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