La presentazione di un romanzo, se vuole essere corretta, non deve contenere spoilers. Credo che debba piuttosto presentare quello che il romanzo lascia nell'anima al suo passaggio. Quello di Jean Mercier, Il signor parroco ha dato di matto, lascia un profondo senso di simpatia verso il curato Beniamino, verso Il curioso vivere di una chiesa di campagna, e – è utile puntualizzare lo – un senso di empatia verso la vita nascosta di tanti buoni sacerdoti.
Con uno stile doncamillesco, Mercier presenta le disavventure di un parroco qualunque, credente al punto giusto, sarcastico e pungente nel suo essere onesto senza filtri, un prete che nella serietà delle sue scelte ti strappa continuamente qualche risata.
«A volte gli si rimprovera di essere un ultrà, radicale, Beniamino lo è di fatto, di fronte a certi tesori – come i sacramenti – che, per lui, non possono essere venduti come gli oggetti di un Bazar prima della chiusura, quando il commerciante rifila l'ultimo venuto la vecchia cassa che gli è rimasta, per un euro simbolico…».



Questo sacerdote, svilito dalla banalità dei problemi che gli vengono posti, dalla contrapposizione dei progressisti, dai dispetti e dalla mancanza di ascolto da parte del vescovo, dà di matto e scappa... non lontano... Ma in una via vicino alla parrocchia, una via dal nome simbolico Les Oubliés (i dimenticati).
Non passa troppo tempo prima che di venire scoperto e il suo rifugio murato diventa una meta di pellegrinaggio. Si sviluppano così situazioni umoristiche che fanno riflettere i loro protagonisti… e noi.

Ma qui siamo già troppo vicini agli spoilers, lascio quindi a voi la lettura del resto della storia, una storia che evoca e provoca la realtà con ludica serietà, un po' come fa Dio con i suoi eletti... Come tra l'altro dice padre Maurice, il confessore di Beniamino: «Non ti pare che il buon Dio abbia il senso dell'humour, Beniamino? Gli piace prendere i profeti in parola, mettere i visionari con le spalle al muro, sloggiare i santi dalle loro nicchie».
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