Potrei scandalizzare qualcuno con quello che sto per dire, ma dal diavolo imparo molto sulla vera fede. Mi spiego: in questo vangelo, il diavolo si presenta come un fine teologo! Fa la confessione che Pietro, dopo tanto discepolato, arriverà a fare, ispirato dal Padre. Eppure... Eppure questa fede, nel diavolo, non cambia una virgola nella sua esistenza. Ed è qui che mi “edifica” nel senso che questo contrasto mi invita a costruire una risposta di fede più coerente. Spesso diciamo che la fede è dono di Dio. È vero! Ma è altrettanto vero che essa è anche la risposta dell'uomo. Una risposta che deve “in-formare” l'esistenza, deve modellarla in modo che, con il venire alla fede, ci sia un prima e un dopo distinti. Se la fede non diventa carne, rimane un'idea diabolica.

Lc 4,31-37

Poi scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c'era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da timore e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
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