Forse siamo una generazione più abituata a leggere il vangelo per quello che dice a noi/me e di noi/me. Sicuramente il vangelo è anche questo. Ma primariamente e soprattutto, il vangelo parla di lui, di Gesù. Il breve vangelo di oggi mi ha fatto sostare davanti allo stato d'animo di Cristo. Stato non inteso semplicemente come stato emotivo, ma come disposizione di volontà. Due cose, almeno, trapelano da questi versetti sulla stupenda personalità di Gesù: il non fermarsi alle apparenze, ossia, il non essere anestetizzato dalla popolarità e dalla piaggeria; il suo donarsi a questo popolo di cui era consapevole che lo avrebbe portato a morte (e di cui, non di rado, faccio parte). Chi è, infatti il soggetto della consegna di cui parla Gesù in questo versetto: «Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini»? Sono certamente i capi del sinedrio e Pilato. Ma sono anche il Padre che consegna il Figlio e il Figlio che si dona per amore, amore nostro. Grazie, Signore!

Lc 9,43b-45

Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
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