«La medicina è un’impresa morale e inevitabilmente perciò dà contenuto al bene e al male. […] L’affermazione che l’attività terapeutica sarebbe indipendente dai valori e ovviamente un nefasto controsenso, è i tabù che hanno fatto scudo alla medicina irresponsabile cominciano a crollare». Sembrano scritte ieri queste parole dello studioso Ivan Illich, mentre in realtà risalgono al 1976. Il tempo non ha fatto altro che farle acquisire grande attualità e urgenza.
La scienza medica ha fatto passi da gigante del XX secolo e questo enorme potere della medicina scientifica sulla vita umana, è stato una delle cause della nascita della bioetica la quale ebbe un grande sviluppo negli ultimi tre decenni del XX secolo. Il termine bioetica infatti ha cominciato ad avere una diffusione consistente a partire dal 1970, quando venne utilizzato dall’oncologo Van Rensselaer Potter.


Nuovo Corso di Teologia Morale. Volume 2
Nuovo Corso di Teologia Morale. Volume 2
Maurizio Chiodi, Massimo Reichlin
Secondo l’affermazione del medico statunitense La bioetica doveva costituire e costruire il ponte tra «la conoscenza dell’essere e la saggezza del dover essere». In realtà questa presa di coscienza risale a prima, e precisamente alla seconda guerra mondiale. Durante il processo di Norimberga, nel 1946, alcuni tra i gerarchi nazisti sotto processo da parte del Tribunale Militare Alleato erano medici, accusati di gravi crimini compiuti nel corso di sperimentazioni scientifiche. Fu l’impatto morale e psicologico di queste rivelazioni a suggerire l’opportunità di elaborare dei principi etici per la ricerca scientifica su soggetti umani.
La nascita della bioetica deve molto a Andre hellegers e Daniel Callahan, entrambi medici cristiani che hanno cercato di vivere in modo armonioso il rapporto tra la scienza e la loro fede cattolica. Come già accennato, la bioetica come disciplina ha avuto un’enorme crescita negli ultimi decenni, crescita destinata soltanto ad aumentare con l’avanzare della scienza e con l’insorgere continuo di quesiti morali legati a questo sviluppo. Da qui l’importanza del volume scritto a quattro mani da Maurizio Chiodi e Massimo Reichlin, Morale della vita. Bioetica in prospettiva filosofica e teologica.
Come già suggerito dal sottotitolo il libro è scritto guardando a due prospettive complementari: quella filosofica e quella teologica, con il vantaggio di essere scritto anche da due ottiche diverse, quella di un filosofo e di un teologo. Lungi dall’essere prospettive divergenti, le due prospettive messe insieme congiuntamente conducono a «una circolarità che è insieme autonomia, differenza e nesso». Ne risulta un volume che ha come nucleo «la questione antropologica», vista dalla duplice ottica filosofica e teologica, un volume che introduce in modo generale alle questioni morali della vita e della bioetica e tocca tematiche scottanti e di grandissima attualità tra cui:
- la questione della vita, e quindi questioni etiche sul nascere, sull’aborto, sulla procreazione medicalmente assistita, sulla diagnosi prenatale, sullo status morale di embrioni e feti, sulle posizioni sull’interruzione della gravidanza.
- questioni etiche sul morire, quindi questioni che riguardano l’eutanasia, l’accanimento terapeutico, lo stato vegetativo, l’accertamento della morte, ecc.
- questioni etiche sul soffrire, la cura e la ricerca, e quindi il tema della malattia, della sofferenza, della sperimentazione su soggetti umani, della ricerca genetica e biotecnologica ed eugenetica, la terapia genica e tanti altri temi.

Già da questa breve carrellata di tematiche si capisce il valore di questo volume che si inserisce come secondo nel “Nuovo corso di teologia morale” diretto da Maurizio Chiodi e da Pier Davide Guenzi e pubblicato da Queriniana editrice.
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