Non ci dobbiamo sentire svantaggiati perché non siamo stati contemporanei storici di Gesù. A guardare gli apostoli, anche se hanno vissuto con lui fianco a fianco per circa 3 anni, essi faticavano come fatichiamo noi a comprendere i progetti di Dio e le sue allusioni. Non tutto nella vita si comprende. Anzi, le cose più importanti rimangono sempre al di là della formuletta che le spiega e le svuota. Quello che conta nella vita è saper dare – anzi, accogliere – un senso al proprio patire. È la scelta tra vivere il dolore come uno sterile lamento oppure come feconde doglie.
Gv 16,16-20
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
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