In questi anni di docenza ho notato la grande differenza che fa la trasformazione del rapporto accademico da una relazione di comunicazione di saperi a una comunione che ingloba anche la conoscenza personale. Quando ti ci metti in quello che dai, non trasmetti più solo sapere, ma - a chi ha un cuore pronto - un sapore nuovo, qualcosa del tuo DNA spirituale. Questa analogia ci fa capire lontanamente la differenza tra il mercenario di cui parla Gesù e il buon Pastore che conosce il suo gregge e dona la vita per esso. Il primo porta al cibo, il secondo è il Cibo, il pane di Vita eterna.
Gv 10,11-18
In quel tempo, Gesù disse:
«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
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