In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62   Sal 22   Gv 8,1-11
Non siamo estranei a quelle situazioni in cui si strumentalizzano la morte o la vita di una persona per sostenere un'ideologia. Così anche i contemporanei di Gesù volevano strumentalizzare la vita e il corpo di una donna per mettere in difficoltà il Signore. La logica e lo stile del Signore non scendono però a simili compromessi. Gesù fa 3 gesti esemplari in questo Vangelo. Fa rivolgere lo sguardo giudicante dei perbenisti verso sé stessi. Guarda con misericordia la misera e la solleva dalla fossa della solitudine. La invita ad essere all'altezza della dignità filiale ritrovata. La gestualità di Gesù non afferma solo la verità. La verità da sola è cieca. Gesù non afferma neppure solo la carità. La carità senza verità è una comoda bugia. Gesù fa la verità nella carità.
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