Il libro di Giona è un capolavoro di spiccata ironia che trasmette un messaggio molto serio ed edificante per ogni missionario, ovvero, per ogni persona che voglia lasciarsi interrogare interiormente riguardo alle motivazioni del suo annuncio di fede.
Rosalba Manes e Marzia rogante, due consacrate dell'Ordo Virginum, si cimentano in una lectio divina e un lectio humana di questo piccolo grande libro, offrendo ai lettori un ricco viaggio biblico, teologico e psicologico in un testo intitolato: Giona e lo scandalo della tenerezza di Dio. Ne risulta un testo ricco di perle dove la convergenza tra livello umano e livello divino apporti una illuminazione reciproca delle due dimensioni.
La visione riguardo alla missione che traspare dal testo in chiara luce che la missione non è tanto un attività da fare quanto una trasfigurazione del missionario e uno stile da incarnare.
Il libro di Giona è un libro che parla di cambiamento. L'uomo cambia, ma in questo libro anche Dio cambia. I motivi del cambiamento sono diversi. L'uomo ha bisogno di cambiare per mancanza di amore. Il cambiamento di Dio, invece, non è dovuto a mancanza ma all'eccedenza del suo amore. Qual è il cambiamento a cui il libro di Giona invita? È un cambiamento del proprio cuore, della propria interiorità, della qualità delle proprie relazioni, azioni ed emozioni.
Come avviene questo cambiamento? Lasciandosi sciogliere il cuore da ciò che trafigge il cuore di Dio. Il libro infatti è un percorso sapienziale che conduce Giona dal cuore di pietra al cuore di carne che è a immagine di Dio.

Giona e lo scandalo della tenerezza di Dio
Giona e lo scandalo della tenerezza di Dio
Rosalba Manes , Marzia Rogante

 La Parola del Signore è la protagonista di questo libro. Essa lo apre in forma di comando (Gn 1,1-2) e lo chiude sotto forma di domanda (Gn 4,11).
 Il profeta si chiama Giona, «colomba», come l'amata del Cantico dei Cantici, nome altamente ambivalente virgola che fa riferimento a un animale che è facile alla fuga per cercare riparo ed è molto incline al Gemito, ma è anche strumento che decreta l'avvenuta riconciliazione tra Dio è il genere umano e animale che nel Vicino Oriente antico, rimanda alla fedeltà dell'amore (cf. p. 21).
 Le autrici mostrano che l'obiettivo della Parola di Dio rivolta a Giona non è principalmente la conversione di Ninive, quanto quella dello stesso profeta e quindi del popolo dell'alleanza. Il profeta non è solo uno strumento nelle mani di Dio, è destinatario della sua opera e della sua salvezza.
 «La Parola divina che chiede asilo al profeta è una parola che scomoda e vuol mettere in movimento: qum lek, “alzati, va’”. Si tratta di un'espressione che evidenzia la natura dell'esistenza umana, che è «un viaggio, un attraversamento delle proprie profondità, un esodo da sé, per trovare se stessi, per andare incontro agli altri» (23).
 Ma Giona è immaturo, è egocentrico e decide di chiudersi alla parola del Signore. Giona fugge a Tarsis «lontano dal Signore» (millipne Yhwh), letteralmente lontano dalla bocca e dal volto del Signore. Giona vede che la responsabilità con la quale è incaricato dal Signore è troppo alta per lui. Ascoltare e accogliere la Parola del Signore sembra rappresentare la fine della sua autonomia. Giona non vuole accettare il travaglio di essere colui che porta la parola di Dio ai peccatori. Vuole restare un eterno adolescente in balia dei suoi capricci. Giona non è libero perché la libertà è in stretta relazione con l'autotrascendenza.
Giona non fa solo il “Caino” della situazione che si disinteressa dei fratelli. La messa in gioco è molto più sottile. Giona non vuole andare a Ninive perché Ninive è anche la sua vita. Ognuno di noi è Ninive. Ognuno ha le sue brutture, le sue inconsistenze, i suoi tradimenti, il suo peccato.
La parabola di Giona è una grande metafora dal sapore battesimale. La storia di Giona e la storia di Dio che come un grembo genera e rigenera i suoi prediletti punto zona vive una esperienza pasquale. Lo possiamo vedere in maniera eloquente guardando il momento in cui entra nel grembo del pesce. Questa «potenziale tomba si muta in grembo materno, disposto a una nuova gestazione del profeta» (53). Giona è «custodito nel ventre del pesce, partorito e ridato alla luce dopo un tempo di maturazione» (57).
Giona viene guarito lentamente dal suo egocentrismo e impara la lezione che è solo grazie all'altro e non nonostante l'altro che abbiamo la possibilità di vivere e di realizzare la nostra vocazione. «Solo aprendosi all'accoglienza verso Ninive, Giona capirà meglio se stesso e la propria missione di fronte a Dio» (68).
Giona verrà educato alla gioia, perché solo chi ama realmente può essere gioioso. Non basta infatti un altruismo egocentrico, occorre vivere un altruismo ego trascendente. L'altruismo ego trascendente spinge l'uomo ad andare oltre se stesso e solo così l'uomo può realizzarsi.
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