di Roberta Sutera 

Vittorino Andreoli si presta alla scrittura de L'educazione (im)possibile. Orientarsi in una società senza padri incitato dal bisogno di dare delle risposte ai genitori smarriti e ai ragazzi stanchi dei conflitti famigliari.
L'educazione sembra ormai priva di significato e come uno spettro cerca di ritornare a rivivere.  
Lo psichiatra ci offre l'opportunità di porci la domanda, se l'educazione sia ancora realizzabile, tramite una ricostruzione storica della società e un'analisi attenta di ciò che la caratterizza.
In varie pagine l'autore, con tono provocatorio, mette in discussione il potere nelle sue due massime espressioni: quella divina e quella terrena, affermando che lo scopo di queste, é il comando.
Il potere desidera che la società non cambi. É l'unica condizione perché possa continuare a dominare.
Andreoli afferma che sono assurdi i giudizi e le punizioni nei confronti dei figli, se queste provengono da padri corrotti che per primi non rispettano le leggi di uno Stato, che favorisce illegalità e vantaggi personali, e muove un'aspra critica nei confronti della politica di oggi. 
Avere dei punti di riferimento definiti é indispensabile per non seguire esempi negativi. Ciò oggi appare molto difficile, poiché emerge una società "senza famiglia", in cui aumenta il fascino per la condizione di single e in cui si é persa di vista la scala dei valori che assoggetta l'uomo "all'importanza dell'inutile" che si centra sulla bellezza esteriore, dimenticando la bellezza vera dell'essere umano, a cui Dostoevskij attribuiva addirittura la capacità di salvare il mondo.
Oggi ci troviamo di fronte a vite smarrite in cerca dell'inutile, schiavi del consumismo, che adorano un unico dio, che é il denaro.




Nella sua analisi antropologica il testo fa risplendere termini come famiglia tradizionale, amicizia, amore, rispetto e attesa per la sessualità, riscoperta delle proprie radici e della propria storia famigliare. 
Ho trovato significativo il momento in cui un uomo di così grande spessore, grande conoscitore della mente, ammette la finitezza del suo essere umano, confessando di non avere soluzioni ai problemi e rimedi segreti per una nuova educazione.
In lui c'è solo la speranza che la società possa cambiare, che ognuno inizi a interrogarsi su come rendere possibile l'educazione nel tempo presente e che ognuno nel suo piccolo si impegni a fare la propria parte per realizzare un mondo migliore.
É sorprendere notare che un uomo che si professa "non credente" includa ripetutamente nel suo saggio il tema della religione e il suo ruolo, confessandosi affascinato dalla bellezza del Vangelo e dalle parabole di Gesù, personaggio storico che ammira. Questa é una peculiarità che si riscontra in molte delle sue opere. 
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