Riflettere sull’empatia nell'ambito di un incontro formativo è ragionare sugli elementi che permettono che l’incontro sia davvero tale. Non ogni raduno è un incontro infatti. Non si incontra un altro se non si attraversa l’altro, se non lo si sente dall’interno (in-patire). Da qui l’importanza della proposta che viene offerta da Fabio Rondano nel suo La relazione educativa empatica. Accompagnare i ragazzi a una vita bella e buona(Queriniana, Brescia 2016 | 110 pp. | 10 €).
U. Lorenzi constata che «per molti bambini oggi il cristianesimo è diventato l’equivalente di una lingua straniera». I bambini fanno (si dovrebbe forse dire “non fanno”?) l’esperienza della lontananza della proposta catechistica dalla loro vita. Faticano a cogliere la pertinenza della “buona Novella” per la loro esistenza. G.K. Chesterton annotava già un secolo fa circa con la sua acuta visionarietà: «Ci sono due problemi nell’annuncio del vangelo come buona notizia. Primo che non è una vera e propria notizia, per chi già l’ha sentita tante volte; secondo che alla maggior parte delle persone non sembra affatto buona!».


L’A. evidenzia che, con tutta la buona volontà, gli incontri spesso vertono su temi e si esprimono attraverso linguaggi e immagini che non appartengono all’universo quotidiano dei ragazzi. Empatire con i ragazzi implica «un processo di traduzione» per non correre il rischio di rispondere a domande che i nostri interlocutori non si sono neppure lontanamente posti.
Il primo passo della catechesi dovrebbe costituire «una prima evangelizzazione» ponendosi come obiettivo la creazione di un gruppo capace di fondarsi «sulla fiducia reciproca, sulla comunione, sull’agio relazionale da coltivare prioritariamente. In una parola su uno stile empatico di fare catechismo» conci del fatto che «la comunicazione efficace passa attraverso la relazione efficace».
Una delle prime esigenze che va messa in campo è l’amicizia e una comunicazione contraddistinta da un’esigenza di essenzialità e brevità dove l’empatia non sia solo una virtù educativa, ma anche «una preziosa attitudine personale che promuoverà un maggiore equilibrio e una più duratura soddisfazione nell’esercizio del prezioso e difficile compito del catechista».
Nella sua proposta, l’A. invita il catechista a decentrarsi, a percorrere strade nuove e non temere di andare incontro ai ragazzi e tra le varie indicazioni troviamo sette regole per una comunicazione empatica:
- evitare contraddizioni tra linguaggio verbale e linguaggio non verbale.
- realizzare una corretta gerarchia tra ciò che è importante e ciò che non lo è.
- dare riconoscimento ai comportamenti positivi.
- effettuare solo richieste possibili e realistiche da proporre ogni volta.
- osservare voi e l’incontro da più punti di vista.
- saper stare in silenzio.

- preparare il terreno e i ragazzi.