In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
Eb 7,25-8,6   Sal 39   Mc 3,7-12

È la prima volta che mi sofferma questo particolare: «Allora disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciasserosi gettavano su di lui per toccarlo». Mi ha fatto pensare a quelle volte in cui getto sul Signore le mie paure, le mie angosce, le mie preoccupazioni, i miei progetti e i miei bisogni… atti tutti legittimi. Non siamo forse esortati: «Gettate su di lui ogni vostra preoccupazione»? Atti legittimi, ma anche pericolosi se diventano il motivo dominante o, peggio, l’unico per rivolgermi al Signore. Oltre alla fede di persone che si gettano su lui, Gesù ha bisogno – come ha intuito Thérèse di Lisieux – di barche (anime) in cui riuscire a riposare. Dammi questo coraggio.