In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Ap 3,1-6.14-22   Sal 14   Lc 19,1-10

Gesù entra nella casa di Zaccheo spinto da un “dovere”, dalla impellenza del suo amore per l’uomo. Ma è solo quando Zaccheo entra nell’ottica di Gesù, quando accetta di diventare dimora della giustizia che viene giustificato e la salvezza entra nella sua casa. Non basta avere Gesù come commensale. Anzi, non basta ricevere Gesù come cibo. Bisogna trasformarsi in Colui che mangiamo per gustare i frutti della salvezza. Dio ama anche chi non è degno, ma solo chi si apre a questo amore lo accoglie.