In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Ez 28,1-10   Dt 32,26-30.35-36   Mt 19,23-30

Non è il lasciare tutto che conta, ma il seguire Cristo. Il cristianesimo non si fonda sul pauperismo, ma sulla persona di Gesù. Non è un'ascesi ma una relazione. E se la povertà e l'ascesi hanno un significato, è quello di fare spazio all'incontro con la persona di Gesù. «Abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito», dice Pietro... E col sennò di poi potrebbe aggiungere: «Nulla ci manca, perché tu sei il nostro tutto, l'unico necessario che dà senso a tutto. Solo tu hai parole di vita eterna, solo tu sei il Verbo della vita».