In
quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato
insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola
aveva autorità.
Nella
sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a
gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?
Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù
gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in
mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti
furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa,
che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E
la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
1Cor
2,10-16 Sal 144 Lc 4,31-37
La
parola “diavolo” (da dia ballein) è tutt’un programma. Essa
implica dispersione, separazione, un movimento centrifugo, una fuga da sé,
dall’incontro e, in definitiva da Dio. Il diavolo in questo vangelo mostra di conoscere
Gesù come «il santo di Dio», ma invece di convergere in riconoscenza verso di
lui, verso la Fonte del suo essere, si ribella, rifiuta. È la prova che la fede
va al di là del conoscere verso il riconoscere; che la vera fede non è solo
questione di scienza, ma di coscienza e umiltà.