In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».

2Ts 1,1-5.11-12   Sal 95   Mt 23,13-22


Questo vangelo mi ricorda un gusto di pizza che trovai in una pizzeria napoletana: «Comme vuo tu». Il guaio (per rimanere in tema del vangelo) è che non si tratta di una pizza a tuo piacimento, ma di un piegare la verità di Dio secondo i nostri comodi gusti. Anche se l’esempio che Gesù dona riguardo alla questione del giuramento potrebbe sembrare poco attuale per noi, la dinamica che vi soggiace è attuale: è la perenne tentazione di piegare il sacro alla nostra profanità e di fare della sequela un gadget. È un vangelo che fa venire i brividi e che ci invita a vivere la sovente dimenticata virtù del timore del Signore.