In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

Ger 2,1-3.7-8.12-13   Sal 35   Mt 13,10-17


A primo acchito sembra che la parabola sia un dispetto per non far capire i misteri del Regno. Invece, a ben vedere, le parabole sono un tentativo disperato di ammorbidire i cuori induriti. Con la parabola del profeta Nathan il Signore aveva sciolto il cuore indurito di Davide. La parabola è un’incursione delicata che cerca di aprire il cuore senza forzarlo. Chi cerca la prossimità di Gesù, il Maestro gli rivela i misteri del regno. Gli altri, il buon Pastore li cerca con le parabole, con le esperienze di ogni giorno che possono essere un richiamo dell’eternità per chi vuole aprire gli occhi.