In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».
1Re 17,1-6   Sal 120   Mt 5,1-12

Qualcuno accusò le beatitudini di essere una morale del gregge, una morale che canonizza la debolezza, la pusillanimità. In realtà, le beatitudini sono la morale della sete assoluta di Dio. In confronto con loro, qualsiasi morale immanente, fosse anche la morale del «super-uomo», sarebbe insufficiente e minimalista, perché non rispondente all’anelito essenziale dell’uomo: quello di accogliere Dio e di unirsi a Lui. Le beatitudini ci insegnano a non modellare il vangelo secondo le nostre piccolezze, ma ad aprirci alla grandezza del desiderio di Dio, perché le sue promesse meritano l’investimento di tutta la vita. «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati». È promessa di Dio!