Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».

Zc 12,10-11;13,1   Sal 62   Gal 3,26-29   Lc 9,18-24


Da cristiani, forse perché qualcuno prima di noi ha già confessato l’identità di Gesù come Cristo, facciamo nostra con una certa facilità la confessione di Pietro: Tu sei il Cristo di Dio. Lo scoglio duro, però, rimane quello di capire cosa significhi e implichi questa confessione. È una sfida che rimane uguale dai tempi di Pietro, a oggi e fino alla fine dei tempi. Seguire Gesù non è una marcia trionfale a suon di Marseillaise, ma è conformità a Cristo crocifisso. E non è sempre un martirio con effetti speciali. A volte è l’accettazione di portare la croce di una quotidianità senza certezze che pesa come un macigno. La cosa certa è questa: solo sposando il Suo destino possiamo confessarlo veramente. 





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