Non pochi lettori si accostano all’Apocalisse di San Giovanni, l’ultimo libro del Nuovo Testamento, per trovarsi dopo pochi capitoli scoraggiati a proseguire la lettura. L’enorme profusione di figure simboliche e l’assurdità di alcune immagini provocano nel lettore incomprensione, indifferenza e, non di rado, costernazione. Il libro dell’Apocalisse è uno di quei testi che richiede una comprensione previa del genere letterario prima di essere compreso e interpretato in modo corretto.

Il linguaggio simbolico
Se – come esseri umani – siamo animali simbolici, il genere letterario apocalittico fa uso di questa nostra qualità in modo abbondante. Per questo è bene spiegare la natura e la portata generale del simbolo. Nella sua opera L’attualità del bello, il filosofo tedesco Hans Georg Gadamer, prima di spiegare il significato e le implicazioni del termine simbolo, risale alla sua etimologia greca e racconta questa usanza:

Che cosa significa simbolo? Esso è anzitutto un vocabolo tecnico della lingua greca e indica il frammento di coccio dato in ricordo. Un amico ospitante dà al suo ospite la cosiddetta tessera hospitalis, cioè egli rompe un coccio, tiene una metà per sé, e dà l’altra metà all’amico ospitato, affinché, se un suo discendente dopo 30 o 50 anni dovesse ritornare nella stessa casa, lo si possa riconoscere ricomponendo di nuovo il coccio per intero. Antica forma di passaporto: questo è il senso originario del simbolo. È qualcosa per cui si riconosce qualcuno come vecchio amico.

L’Apocalisse è un libro ricco di simboli che ci viene consegnato affinché possiamo cercarne il senso per oggi. La fatica che siamo chiamati a svolgere è quella di superare la distanza tra il pezzo di coccio che possediamo e il pezzo che ci manca. I simboli sono immortali, possono variare di significato a seconda delle culture, ma non si esauriscono e fanno dell’Apocalisse un libro che, sebbene nato in un preciso contesto storico di crisi, è sempre attuale e interpellante per la comunità ecclesiale.
La retorica dell’Apocalisse cerca di provocare non soltanto una risposta intellettuale, ma reazioni emotive, immaginative e impegno concreto. L’autore dell’Apocalisse non è interessato a suscitare uno spiritualismo quietista, ma cerca di generare una motivazione profetica per la decisione e l’azione attraverso la stimolazione dell’attività audiovisiva del lettore-ascoltatore. Attraverso il simbolo, l’autore dell’Apocalisse cerca di presentarci «il tutto nel frammento».

Apocalisse e speranza: l’apocalittica giudaica
Ai nostri giorni il termine apocalittico assunto delle valenze catastrofiche e tragiche, ma l’apocalittica se intendeva essere un messaggio di incoraggiamento e di speranza in un periodo particolarmente difficile della vita della comunità. Per essere più precisi e concreti, consideriamo alcuni tratti della apocalitticismo giudaico.
- Esso consiste in un’attesa ansiosa di un radicale cambiamento delle attuali circostanze terrene che avrà luogo in un futuro immediato.
- La fine arriverà con una catastrofe cosmica.
La storia universale è fatta di periodi predeterminati di tempo, la cui fine è strettamente legata alla storia che la precede.
- Gli scrittori fanno ricorso a schiere di angeli e demoni per spiegare il corso della storia e gli avvenimenti che avranno luogo alla fine.
- La salvezza ci sarà dopo la catastrofe finale, ma non riguarderà solo Israele e sarà aperta ai gentili.
- Il passaggio dalla perdizione alla salvezza culmina con l’arrivo del trono di Dio che elimina i troni della terra.
- Ci sarà un mediatore con funzioni regali che porta la redenzione finale.
- La gloria è lo stato finale dell’uomo.
Enzo Bianchi spiega che l’autore apocalittico non vuole svolgere il compito di uno storico del passato ma avvalorare le sue visioni del futuro. L'Apocalisse è la rivelazione di cose immediatamente future, anzi, già presenti che emergono oggi, nel presente.


Comprensioni storiche dell’Apocalisse
L’Apocalisse cristiana mostra il momento storico di una comunità la cui fisionomia è quella di un gruppo perseguitato dalle autorità romane e giudaiche. Sarebbe però un errore limitare la finalità di quest’opera a tale contesto storico. Nella storia il libro dell’Apocalisse ebbe una ricca e variegata storia degli effetti. Menzioniamo tra le letture più famose quella millenarista oppure la lettura assunta come luogo comune di rifugio per gruppi perseguitati o minoritari.
Nel Medioevo le letture più diffuse furono quelle guidate dalla tensione verso la morte e dalla preoccupazione per l’aldilà. Sarà nel XX secolo che l’Apocalisse, letta in chiave pasquale, acquisterà un significato più teologico che storico. Diversi teologi affermeranno che l’Apocalisse non è una narrazione di misteriosi fatti futuri, ma un commentario simbolico e teologico su passione, morte e risurrezione di Cristo.
Nel suo libro I simboli dell’Apocalisse, Ignacio Rojas Galvez presenta una ricca e al contempo accessibile panoramica sul libro dell’Apocalisse. Dopo un primo capitolo dedicato alle varie comprensioni dell’Apocalisse nella storia, l’autore analizza, all’inizio della seconda parte, il senso e le qualità salienti dell’apocalittica come genere letterario e dell’apocalitticismo come movimento.

Dopo la presentazione della portata espressiva del simbolo, l’autore presenta diverse chiavi pratiche per l’interpretazione dei simboli dell’Apocalisse. Il tema è arricchito da risonanze storico-sociali dell’interpretazione dei simboli dell’Apocalisse. La terza parte del libro offre una lettura dei simboli dell’Apocalisse nella tarda modernità e nell’era contemporanea. Un altro capitolo interessante è dedicato alla «settima arte», il cinema, dove l’autore analizza come il cinema lecca il simbolo dell’Apocalisse punto il libro si chiude con una quarta parte in cui si approfondisce l’attuale rinascita in generale dell’interesse per l’apocalittica.