In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Gen 17,3-9   Sal 104   Gv 8,51-59

«Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Questo testo veniva interpretato dai Padri in una maniera che l’esegesi contemporanea fatica a eguagliare. Eppure, è difficile capire queste parole senza riferirle a Genesi 22. L’affermazione viene riportata alla prova di Abramo nota come la «legatura di Isacco». Isacco viene caricato della legna; Gesù porta il legno della croce. Isacco viene salvato da un ariete, Gesù è l’Agnello di Dio che porta il peccato del mondo. Gesù è l’«Io sono», il Vivente che raggiunge i tempi di Abramo e raggiunge anche i nostri tempi e ci rivolge la sfida per essere realmente vivi: «Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno».



Dio tenta?