In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». 
Is 43,16-21   Sal 125   Fil 3,8-14   Gv 8,1-11
Tutte le letture di questa domenica invitano a guardare verso il futuro, verso la novità, verso una strada che si apre nel deserto. Ma tutto ciò sarebbe impossibile se il cuore rimanesse incurvato in sé, piegato e piagato dai traumi del passato. Ci lapidano i nostri stessi pensieri e i nostri stessi sensi di inadeguatezza fino a quando non incrociamo quei occhi che ci graziano e rivestono la nostra nudità. Occhi che ci risollevano con la potenza ricreatice dell'amore che ci aiuta, «a diventare più liberi, a essere noi stessi, a scoprire la nostra bellezza, a scoprire che siamo una fonte di vita» (Jean Vanier).