In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Sap 2,23-3,9   Sal 33   Lc 17,7-10


Per vivere e progredire abbiamo un essenziale bisogno di dimenticarci di noi stessi. A ragione osserva Khalil Gibran che la bellezza che contempla se stessa si pietrifica. L’oblio di sé e la dedizione a una causa più grande è una legge della nostra natura. Questa stessa legge diventa un evento soprannaturale quando l’obiettivo non è una nostra realizzazione, ma glorificare il nome di Dio. Questo «dovere» è al contempo il nostro potere più grande perché nessuno è più libero di quando si mette al servizio del Sommo Bene.