In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
1Ts 2,1-8   Sal 138   Mt 23,23-26     

Nel cuore dell’uomo c’è una capacità di giudizio che, se ben educata, conduce l’uomo alla soglia del sacro, anzi, è già la soglia del sacro, la voce di Dio e – come la chiama Newman – il vicario di Cristo in noi. È la nostra coscienza, quella istanza che è l’anello del clessidra tra il nostro tempo e l’eternità, tra la terra e il cielo. Nella coscienza purificata, v’è un sentore della verità, ma se l’uomo fa l’orecchio da mercante, questo sentore viene man mano desintonizzato. È questo il pericolo dell’ipocrisia: non è tanto ingannare gli altri quanto perdere il senso del vero. Essere ipocriti è otturare il mezzo comunicativo tra la luce della Verità e la nostra interiorità. È perdere il senso di Dio.