Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi.
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno
istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a
me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha
visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri
hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende
dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane
vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane
che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
1Re 19,4-8 Sal 33
Ef 4,30-5,2 Gv 6,41-51
Si parla di tre «pani»
nelle letture di questa domenica. La manna di Mosè, la focaccia di Elia e il
pane che è Gesù. Dare pane è avere cura. La manna esprime la costanza della
cura di Dio e la sua fedeltà alla promessa. La focaccia, un pane preparato e cotto,
esprime l’attenzione al particolare della cura di Dio. Gesù, il pane donato,
esprime l’eccedenza folle della cura di Dio. Il Padre non solo dà, ma dona
tutto se stesso nel Figlio. Se tutti gli altri pani sono importanti – e il
fatto che Dio li doni ai suoi eletti ne è prova – è questo il pane al quale
siamo chiamati a elevare i cuori in ultima istanza. Gli altri pani sono mezzi,
così a Elia le focacce sono date per sostenerlo nel cammino. Il pane-Gesù è il
fine ultimo. Unirsi a lui nel pane eucaristico è dare ascolto e accoglienza all’amore
del Padre: «Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me».