In quel momento i discepoli si avvicinarono a
Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in
mezzo a loro e disse:
«In verità io vi dico: se non vi convertirete
e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò
chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno
dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie
me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi
piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia
del Padre mio che è nei cieli.
Che cosa vi pare?
Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le
novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io
vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove
che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che
neanche uno di questi piccoli si perda».
Dt 31,1-8 Dt 32
Mt 18,1-5.10.12-14
Che cosa elogiava
Gesù nei bambini tanto da farne condizione per accedere al Regno? È difficile,
nonché errato, racchiudere le qualità positive del bambino in una sola.
Nondimeno, nella graduatoria delle qualità che Gesù aveva in mente, molto
probabilmente, primeggiavano la fiducia e la coscienza della propria
piccolezza. Siamo chiamati all’infanzia spirituale e non all’infantilismo, Gesù
infatti ci invita a «convertirci» all’infanzia. In altre parole l’infanzia non
è uno stato d’inerzia, ma una maturazione, una crescita. Ora il primo passo
verso la maturazione spirituale è capire ed essere convinti che è un’impresa
che va al di là delle nostre forze; che rimarremo sempre un po’ bambini
bisognosi di essere sorretti e corretti da Colui che «mi ha amato e ha dato se
stesso per me». E proprio a partire da questa coscienza sapere che «tutto posso in Colui che mi dà forza».