In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi
credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro,
perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele
chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete
agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a
voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le
vostre colpe».
2Cor 11,1-11 Sal 110
Mt 6,7-15
L’essenziale nella preghiera non
è ciò che dico, ma a chi lo dico; non è la mia parola, ma Colui a cui rivolgo
la mia parola e il mio silenzio, i miei sospiri e i miei gemiti. Tu, Signore,
insegnandoci a pregare ci insegni questa priorità. Ci insegni che il primo
passo è riconoscere Dio non come il grande architetto, ma come «Padre». A
riconoscerlo come «nostro», come Abba che non è un articolo da
collezione, ma come fondamento e fautore di fraternità. A confessarlo come «nei
cieli», non perché è distante. I cieli sono più prossimi al nostro cuore che
alle nuvole. Il Padre nei cieli mi ricorda sempre che Dio è al di là dei miei
piccoli schemi, è più grande di tutti gli idoli che nascono con grande facilità
nella mia mente. Ecco, Padre, sia santificato il tuo nome…