In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Sir 51,17-27   Sal 18   Mc 11,27-33

La risposta “alla gesuita” – ovvero rispondere a una domanda con un’altra domanda – che Gesù offre nel vangelo di oggi, non è affatto un modo furbo per scansare l’interrogativo. Gesù, chiedendo ai suoi interlocutori sull’autorità di Giovanni, li invita a imparare a leggere i segni dei tempi. È questo il problema che sta a monte. Interrogarsi sul senso (e sull’origine) della missione del Battista e dimorare nella risposta, senza badare alle chiacchiere, è un allenamento al retto discernimento. Tale risposta diventa indispensabile per discernere l’autorità che sta a monte del ministero di Gesù. Il seguito ci mostra che Gesù non aveva torto. Gli interlocutori non erano disposti ad abbracciare la verità, perché quest’ultima non è una cosa statica da incamerare, ma una realtà dinamica in cui incamminarsi. La ricerca della gloria degli uomini li ha resi ciechi alla visione della Gloria del Padre che rifulge sul volto del Figlio. L’attenzione alle parole umane li ha resi sordi alla Parola.