In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il
Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli
dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero
Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra,
compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a
te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato
dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua
parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché
le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno
veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro
che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono
mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono
nel mondo, e io vengo a te».
At 20,17-27 Sal
67 Gv 17,1-11
Quando Gesù definisce la vita eterna, non utilizza altre
analogie se non l’unione d’amore con Dio stesso. D’altronde, capita, quando una
vita si prolunga a oltranza su questa terra, che si viva la sua estensione come
una condanna, come un flagello. L’eternità come quantitativo di tempo può
essere arida come un deserto sconfinato, schiacciante come un oceano senza
traguardo all’orizzonte. La vita eterna è altro; è un’esistenza qualificata dal
«conoscere» il Padre e il Figlio nell’abbraccio dello Spirito Santo. Quel
conoscere non è un mero incamerare intellettuale, è l’immersione amorosa
integrale di tutto l’essere umano nella danza d’Amore trinitaria. Più che
conoscere è riconoscersi riconosciuti, ed essere rapiti dall’inesauribile
sorpresa dell’Amore infinito posato sulla nostra finitudine.