Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
At 6,8-15   Sal 118   Gv 6,22-29

Il vangelo di oggi è un’ottima lezione sull’equilibrio che bisogna raggiungere nel rapporto con il Signore. Se da un lato riconosciamo il Signore per la sua provvidenza, per la sua cura verso i nostri bisogni, dall’altro lato – ed è Gesù stesso a insegnarlo – non dobbiamo costruire il nostro rapporto con il Signore sul bilancio dei favori concessi. Come ogni rapporto d’amore degno del nome, la vita di fede si fonda sulla gratuità, ogni utilitarismo rischia di affondarla. Bada che nella tua vita i doni dell’Amato non siano più importanti per te dell’Amato stesso.