In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?».
E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».
Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre.
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.
Nm 21,4-9   Sal 101   Gv 8,21-30

Cerchiamo dei segni per riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita. Non di rado li pretendiamo come segni di potenza, di successo, di “fortuna”. Gesù nel vangelo di oggi ci indica il segno con il quale riconosceremo che “Egli è” (L’“io sono” è un riferimento esplicito al nome di Dio Jhwh di Es 3). Il segno è il suo innalzamento, la sua crocifissione, la sua consegna fino alla fine, l’estrema debolezza in cui si manifesta la sua vera potenza quella del perdono. Ciò che è più divino in Dio non è la dimensione imponente messa tanto in risalto in tutte le religioni mitiche. È quella dimensione che soltanto Dio stesso poteva pensare e rivelare: la sua capacità di svuotarsi per riempirci di sé.