In
quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti
aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando
dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto
quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano
andati alla festa.
Andò
dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era
un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che
Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di
scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù
gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del
re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli
rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli
aveva detto e si mise in cammino.
Proprio
mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio
vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli
dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre
riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e
credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando
tornò dalla Giudea in Galilea.
Is 65,17-21
Sal 29 Gv 4,43-54
Sembra mancare di tatto Gesù quando, a quel padre
disperato per il figlio in pericolo di morte, vuole impartire una lezione sulla
purezza e sul disinteresse della fede. Eppure il primato della fede
incondizionata è effettivamente condizione categorica per la sua autenticità.
Non puoi avere fede con i “ma” e con i “sé”. Sorella gemella dell’amore, la
fede è un gesto di consegna totale della propria vita al Signore: il suo tratto
distintivo è la fiducia totale. D’altro canto, il vangelo ci mette davanti al
secondo segno operato da Gesù ed è altamente significativo che i primi due
segni menzionati nel vangelo di Giovanni sono rispettivamente frutto
dell’intercessione di una madre (Maria a Cana) e di un padre. L’intercessione è
efficace quando è fatta con un cuore paterno e materno, quando cioè trattiamo i
destinatari della nostra preghiera come “piezz e core”, perché solo la voce di
un amore appassionato giunge alle orecchie di Dio.