In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.



Il Vangelo è la «buona notizia» del regno di Dio, della prossimità di Dio, ma questo non significa che è fatto di belle parole. Il primo annuncio di Gesù nel vangelo di Matteo ci mostra l’esigenza radicale che accompagna questo regno: «Convertitevi, il regno di Dio è vicino». È interessante la sfumatura di metanoia, conversione in greco. Essa implica anche un cambio e un rinnovamento di mentalità. Mi viene in mente una povera metafora informatica: è come un applicazione nuova che richiede un sistema operativo aggiornato per funzionare. Accogliere il Vangelo implica un modo di vivere nuovo e un modo di pensare nuovo perché il Vino nuovo della Parola non può essere conservato in otri vecchi.