Il quadro del Vangelo di
questa domenica sembra contrastare con la prima lettura e con il salmo. Il
Pastore in Ezechiele va in cerca della pecora perduta e riconduce all'ovile
quella smarrita, fascia quella ferita e cura quella malata. Nel Vangelo,
invece, il Pastore è giudice che premia e condanna “al supplizio eterno”.
Esiste
un punto comune tra il Pastore che discerne e giudica e il pastore che fa
riposare su pascoli erbosi e conduce ad acque tranquille?
– Può sembrare
paradossale, ma è l’amore. L’amore che cura nelle prime letture è lo stesso
amore che non si impone. Niente, infatti, è più odioso di un amore imposto. L’amore
vero libera la libertà.
E il messaggio per noi è chiaro ed esigente: Non solo
noi facciamo le nostre opere, le nostre opere ci fanno e ci rimodellano. Esse sono
il giudizio della qualità del nostro essere.
Parlando del giudizio, Gesù dice
altrove: «Il giudizio è questo: che la luce è venuta nel mondo, e gli uomini
hanno amato le tenebre più che la luce».
Facciamo buon uso di questa vita per
modellare il nostro essere perché non tollereremo di entrare nella vita di Dio se
non siamo stati trasfigurati in questa vita dall’amore. È così che si esprime
la regalità di Cristo nella nostra vita qui ed ora.
Chiediamo al
Pastore di condurci e guidarci per abitare nella casa del Signore già da questa
vita.