In un testo spesso citato, Paul Ricoeur riassume così la sua collocazione e intenzionalità filosofica: «Vorrei caratterizzare la tradizione filosofica alla quale appartengo con tre elementi: è una tradizione posta nel solco di una filosofia riflessiva; resta nella prospettiva della fenomenologia husserliana; vuole essere una variante ermeneutica di questa fenomenologia».
Tre sono i nodi esposti in questo riassunto di un’opera immensa e variegata.
- la sua è una filosofia riflessiva nel solco di grandi nomi del pensiero francese del XIX secolo come Pierre Maine de Biran, Félix Ravaisson, Jules Lachelier e del XX secolo come Jean Nabert.
- è una filosofia fenomenologica non interessata tanto all’ossessione husserliana di una fondazione ultima o di un metodo della riduzione o dell’epoché in senso stretto, quanto a due aspetti molto interessati: l’attenzione rigorosa alle cose stesse e ai vissuti della coscienza; la teoria dell’intenzionalità che mostra l’ego quale coscienza di qualcosa e quale tensione verso un significato.
- è una filosofia ermeneutica convinta che l’ego non può spiegare se stesso ripiegandosi su di sé, ma percorrendo la via lunga dell’interpretazione dei simboli.
Volontario e involontario
Una delle dimensioni dell’essere e dell’esserci di cui Ricoeur studia il fenomeno esistentivo e dispiega l’ermeneutica esistenziale è la volontà, quella «volontà incarnata di una libertà dipendente». La filosofia della volontà ha goduto di ricca attenzione nella filosofia contemporanea. Ad essa anche Ricoeur dedica diversi momenti e monumenti della sua riflessione. Egli mostra come non si dà volontà senza una parte di “nolontà” che costituisce una dimensione fattuale della condizione umana. Condizione appunto perché sottoposta o almeno influenzata da condizionamenti non totalmente evitabili.
Il fenomeno della libertà umana si manifesta come una «indipendenza dipendente, un’iniziativa ricettiva». La volontà, in altri termini, non è un dato di fatto, ma una conquista. Parafrasando il pensiero di Ricoeur, Jean Grondin afferma: «La nostra volontà deve incarnarsi nel mondo se vuole essere reale e mettersi alla prova». L’azione non è secondaria all’essere. Essa non è secondaria alla nostra libertà, ma è la sua concreta realizzazione. È la sua prova nel doppio senso del termine.
L’uomo si ritrova davanti all’ambiguità della sua stessa libertà. Egli progetta – ha la libertà di progettare – ma, contemporaneamente, i suoi progetti sono limitati e delimitati, vi è un mondo che gli resiste. Solo che questo limite non è necessariamente una rottura o una negazione della libertà. Esso può essere piuttosto anche una configurazione, uno spazio di unica realizzazione e di singolare epifania.
Ricoeur insiste nell’affermare che all’involontario della nostra esistenza possiamo anche consentire e acconsentire. «Se decidere – spiega Grondin – è l’atto della volontà che si basa su dei motivi, e l’agire è l’atto attraverso il quale la volontà può scuotere i poteri esistenti e inscriversi nel mondo, è solo con il consenso che essa dà il proprio assenso alla necessità indelebile che la costituisce».
La fenomenologia e l’ermeneutica della volontà in Ricoeur esula dagli estremismi di chi nega la libertà negandone la stessa possibilità e di chi la afferma a dispetto di ogni apparente limite. Egli si distanzia da chi vede la volontà soltanto nella capacità di dire no, manifestando una libertà che è anche capacità di annientarsi, di fare spazio al limite.
In breve, la filosofia della volontà di Ricoeur manifesta la coesistenza di involontario e volontario nella costituzione e nell’esercizio della volontà. La sua genialità e lungimiranza tendono a mostrare una possibile riconciliazione tra volontà e nolontà, tra volontario e involontario.
*

La dimensione della libertà in Ricoeur, qui brevemente prospettata, è una delle sezioni del breve ma denso libro di Jean Grondin, Leggere Paul Ricoeur. L’autore – noto per la sua capacità di sintesi e di enucleazione chiara dei punti nodali di un pensiero o di un tema – propone una panoramica e, contemporaneamente, una chiave di lettura per addomesticare la voluminosa opera del filosofo francese.




Photo: Creative Commons Some rights reserved by chiaralily