L’atteggiamento di Gesù nei confronti degli uomini come modello della moderna psicoterapia
Robert Cheaib
«Vuoi guarire?». Con questa domanda, all’apparenza inopportuna e indelicata, Gesù si rivolge al paralitico di Bet Hesda, quell’uomo che da trentotto anni non aspettava altro. Eppure la domanda di Gesù – secondo la teologa e psicologa Hanna Wolff – è «la prima domanda cardinale di ogni terapia». Letta da una prospettiva psicanalitica, la domanda di Gesù tocca il movente fondamentale che pregiudica la possibilità o meno di guarigione. È una domanda che pone l’uomo dinanzi alla necessità di essere attivo nel proprio riscatto. C’è una bella differenza tra un che vuole guarire e uno che chiede di essere guarito. Il primo coopera, il secondo aspetta passivamente la manna dal cielo.
Nel suo libro Gesù psicoterapeuta. L’atteggiamento di Gesù nei confronti degli uomini come modello della moderna psicoterapia, Hanna Wolff guarda a Gesù a partire dalle categorie della psicanalisi mostrando la profonda ricchezza e intuitività psicanalitica dell’approccio del nazareno. Dopo un tempo di ostilità tra religione e psicoterapia, la Wolff auspica salutare con il suo libro «l’inizio di una impostazione corretta dei rapporti tra psicologia e teologia, tra il cambiamento in nome dello Spirito e quello promosso a partire dalle esigenze della psiche» (Sandro Spinsanti).
La Wolff tiene a precisare che parlare di Gesù psicoterapeuta, non è per lei un «facile tentativo modernizzante, come richiamo all’attualità, come un arabesco che rivela solo una parvenza di modernità», ma è rendersi conto che in Gesù è pienamente presente la conoscenza dei processi psichici costruttivi e distruttivi della vita.
La genialità dell’approccio della Wolff ai vangeli consiste nel sapere decifrare la filigrana psicologica e psicanalitica, non a scapito della dimensione religiosa, ma in concomitanza con essa. L’incontro di Gesù con gli uomini era un incontro reale, integrale. Egli non guardava le persone soltanto come spiriti disincarnati da salvare, ma come storia, concretezza, esigenza di vivere nel tempo e di affrontare le ombre di se stessi per superare le proiezioni e giungere a una vera conoscenza di sé.

Lo sguardo di Gesù offerto dal libro, non sostituisce la lettura credente ma invita a vedere una dimensione poco esplorata di Gesù. Un Gesù taumaturgo anche delle anime. «La terapia che metteva in pratica era la sua persona». Gesù scrutava i cuori e – come ci dice il vangelo di Giovanni – intuiva e conosceva cosa c’è nell’uomo. «Gli uomini vengono toccati da questa forza intuitiva non in senso sentimentale, ma perché un’intuizione tanto penetrante afferra, in certo modo, quel che le sta di fronte. Chi ne è fatto oggetto si sente sfidato, messo in questione e toccato in quel che vi è di più autenticamente personale, a tal punto che la prima reazione, ben comprensibile sul piano psicologico, è quella di un momentaneo ritrarsi. […]. Ma dopo questo primo istante, in cui agisce un meccanismo psicologico di difesa, ecco il prorompere della catarsi, che porta alla rottura nei confronti di una vita di menzogne».