Robert Cheaib
L’opera della creazione in Genesi 1
si presenta come un ordinamento fatto di distinzioni e di polarità, quasi per
invitare l’uomo a imparare a ricreare il proprio universo e la propria vita
imitando Dio, mettendo ordine. Quest’arte di riordinare la propria vita e le
proprie passioni è stata appresa e insegnata con maestria dai solitari delle
varie tradizioni cristiane. Giovanni il Solitario costituisce uno dei grandi maestri
della tradizione siriaca in questo campo.
Pur non essendo facile l’identificazione precisa di questo
grande maestro, sappiamo della «influenza non trascurabile» che la sua
originale dottrina ha esercitato su autori famosi come Filosseno di Mabbug,
Giacomo di Sarug, Isacco di Ninive, Giovanni di Dalyata, Giuseppe Hazzaya, ecc.
Il libro Le passioni dell’anima – un classico della
cultura monastica siriaca, tradotto per la prima volta in italiano – raccoglie quattro
dialoghi di Giovanni il Solitario che testimoniano la facilità e la genialità
con le quali ha navigato nell’ambito monastico, spirituale, ascetico e
teologico-dogmatico.
Gli argomenti su cui vertono questi dialoghi con Eusebio ed
Eutropio sono principalmente – come nota la preziosa introduzione di Marco
Pavan – «la scansione della vita spirituale in tre gradi, corrispondenti alle
tre dimensioni fondamentali della persona umana: corpo, anima, spirito». È un
cammino verso la scoperta, o la riscoperta, di un ordine.
Vi è una capacità percettiva che l’uomo non può esercitare
finché è prigioniero dei sensi. «Il corpo non può vedere con gli occhi ciò che
non si può vedere se non con la mente». I sensi esteriori, infatti, non possono
percepire la profondità dei misteri della creazione e non possono quindi da sé
risalire verso «la sapienza nascosta delle creature dell’Onnipotente».
Una metafora efficiente nel pensiero di Giovanni il
Solitario mostra la progressione che l’anima vive nell’intelligenza interiore
delle realtà spirituali: è la metafora del concepimento del feto nel grembo e
della nascita al mondo. Finché rimane al livello fisico o a quello psichico,
l’uomo risulta come un feto nel grembo rispetto alla vita futura. Di quel mondo
non può sperimentare niente con i propri sensi. Dopo la nascita, però, lo
schermo è rimosso e l’uomo può guardare la realtà divina così come è e
beneficiare della comunione piena con Dio.
Photo: Some rights reserved by Emily's mind
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